« La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere »

( Franco Basaglia )

Simone Cristicchi

TI REGALERÒ UNA ROSA


Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare

Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio… misurate le distanze
E guardate tra me e voi… chi è più pericoloso?

Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita sono vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare.

le lettere

Dalle Norme di regolamento in un ospedale psichiatrico

“Gli infermieri non devono tenere relazioni con le famiglie dei malati, darne notizie, portar fuori senz’ordine lettere, oggetti, ambasciate, saluti: né possono recare agli ammalati alcuna notizia dal di fuori, né oggetti, né stampe, né scritti…”

Le lettere dei matti di San Girolamo, che furono scritte dal 1889 al 1974, vennero ritrovate solo nel 1981 da un gruppo di medici (Pellicanò, Raimondi, Agrimi, Lusetti e Gallevi) che allora lavorava nella struttura del San Girolamo. Fu anche pubblicato un libro dal titolo “Corrispondenza negata. Epistolario della Nave dei Folli” (Ed. Pacini). Il libro non aveva avuto ristampe e trovarne una copia è stata davvero un’impresa difficile.

Erano Lettere! Lettere scritte dai Matti.
Lettere che forse non dovevano trovarsi lì, ma a “Destinazione”.
Infatti, quando uno scrive una lettera, è perché vuole comunicare qualcosa a qualcuno.
Se la lettera non arriva a destinazione, la comunicazione è interrotta.

Queste lettere non sono mai state spedite, non sono mai arrivate a destinazione. Venivano prese e allegate alla cartella clinica dell’ammalato. Sono state occultate, nascoste, dimenticate. In una parola: queste lettere sono state censurate!

Gli autori delle lettere sono tutti morti. Oggi, l’unico modo per giustizia a queste persone, che come tutti avevano bisogno di un contatto con gli altri, di comunicare con il mondo; l’unico modo per poter vendicare questo assurdo crimine all’epoca legalizzato dall’istituzione manicomiale, è restituire una voce alle loro parole, rendere vivi questi messaggi d’amore, di delirio, di assoluta lucidità, di speranza e disperazione.

...dal manicomio di Volterra...

Mia cara Consorte
Rispondo alla tua cara lettera da me tanto gradita
mi trovo molto contento ne legere la tua letera da mè tanto gradita
dove sento che state tutti bene.
Io sarei in perfetta salute di tornare a chasa.
No vedo lora e il momento di tornare a chasa
per abraciarvi tutti e baciarvi di chuore.
È già diverso tempo che io mi trovo in questo manicomio ricoverato,
distaccato da voialtri
dunqe prochurate quanto prima divenirmi a pigliare e portarmi i panni.
Non potete immaginare quanto brami di tornare a Cecina,
che qui mi par d’ essere in esilio.
La pazienza non mi manca, ma da un giorno, all’atro mi scapperebbe;
se non mi, facessero partire.
Stò contento, allegro, solo desidero di stare insieme, in famiglia.
Cara consorte mi raccomando a te e al mio caro fratello Robuamo
dunque non mi abbandonate sul fiore di mia vita.
Che io non vi o mai abbandonato scuserete
se qualche volta vi offeso con parole
ma il cuore è sempre amoroso con voialtri tutti quanti
ricevi tanti saluti e baci dal tuo affezionatissimo
Consorte Agapito

martedì 26 maggio 2009

i manicomi prima della legge basaglia

Fino agli anni `70 in Italia esistevano i manicomi, strutture nelle quali venivano confinati i cosiddetti "malati di mente". I pazienti erano costretti a restarci fino al momento della loro guarigione, evento che raramente avveniva. Le indagini parlamentari svolte in previsione della chiusura stabilirono che troppo spesso chi ci viveva veniva sottoposto a pratiche violente, vessazioni o al furto di ogni bene personale.

la legge basaglia

LA LEGGE 180, accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, del 13 maggio 1978, meglio nota come legge Basaglia (dal suo promotore in ambito psichiatrico, Franco Basaglia) è una nota e importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Successivamente la legge confluì nella legge 833/78 del 23 dicembre 1978, che istituì il Servizio Sanitario Nazionale.

La legge fu una vera e propria rivoluzione culturale e medica, basata sulle nuove (e più "umane") concezioni psichiatriche, promosse e sperimentate in Italia da Franco Basaglia.

Prima di allora i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento fisico, dove si applicava ogni metodo di contenzione e pesanti terapie farmacologiche e invasive, o la terapia elettroconvulsivante (che per alcuni casi viene tuttora utilizzata).

Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali.

La legge 180 demandò l'attuazione alle Regioni, le quali legiferarono in maniera eterogenea, producendo risultati diversificati nel territorio. Nel 1978 solo nel 55% delle province italiane vi era un ospedale psichiatrico pubblico, mentre nel resto del paese ci si avvaleva di strutture private (18%) o delle strutture di altre province (27%).

Di fatto solo dopo il 1994, con il Progetto Obiettivo e la razionalizzazione delle strutture di assistenza psichiatrica da attivare a livello nazionale, si completò la chiusura effettiva dei manicomi in Italia.

Nonostante critiche e proposte di revisione, la legge 180 è ancora la legge quadro che regola l'assistenza psichiatrica in Italia.

i manicomi dopo la legge basaglia

Fino agli anni `70 in Italia esistevano i manicomi, strutture nelle quali venivano confinati i cosiddetti "malati di mente". I pazienti erano costretti a restarci fino al momento della loro guarigione, evento che raramente avveniva. Le indagini parlamentari svolte in previsione della chiusura stabilirono che troppo spesso chi ci viveva veniva sottoposto a pratiche violente, vessazioni o al furto di ogni bene personale.
Nel 1978 la situazione cambia: la legge 180, conosciuta con il nome del suo promotore, lo psichiatra Franco Basaglia, ha stabilito la chiusura degli istituti psichiatrici e il riconoscimento ai malati del diritto ad un`adeguata qualità della vita. La norma raccoglieva le teorie del movimento dell`Antipsichiatria, del quale il maggiore esponente fu proprio Basaglia. Secondo lo studioso la psichiatria tradizionale, responsabile della creazione dei manicomi, era concentrata soltanto sulla basi organiche della malattia, trascurando l`origine sociale dei disturbi psichici. Lo psichiatra avrebbe dovuto invece sottolineare l`origine sociale dei disturbi psichici e impegnarsi politicamente per trasformare la società.
A trent`anni di distanza dalla legge Basaglia resta vivo il dibattito sulla cura e la gestione dei malati psichiatrici. La critica più decisa alla 180 riguarda il fatto di non aver pianificato in modo accurato le conseguenze della chiusura degli istituti psichiatrici. La norma ha infatti affidato alle Regioni l`attuazione dei provvedimenti in materia di salute mentale, generando una difformità di trattamento. Mentre alcune sono state tempestive nell`attuare la normativa, altre hanno tardato, producendo nel tempo effetti su qualità ed efficacia dell`assistenza.
Attualmente le strutture dedicate all`assistenza psichiatrica sono i Dipartimenti di salute mentale istituiti principalmente presso le strutture delle ASL. Queste strutture assicurano le attività di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento del malato mentale. Ognuna di esse per soddisfare le molteplici esigenze dei pazienti, offre diverse tipologie basilari di assistenza: innanzitutto i Centri di salute mentale e gli ambulatori, che si occupano dell`assistenza territoriale e domiciliare. Ci sono poi i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura, i Day hospital, che forniscono le cure in regime di ricovero, e i Centri diurni che si occupano degli interventi socio-riabilitativi in regime semiresidenziale. Le Strutture residenziali offrono infine gli interventi terapeutico-riabilitativi in regime di permanenza temporale, suddivisi secondo le tre tipologie previste, in base all`intensità assistenziale sanitaria: nelle 24 ore, nelle 12 ore e a fascia oraria.

«La legge Basaglia? Non regge più» Svuotati i manicomi, il peso è finito sulle famiglie

«DA PSICHIATRA continuo a protestare, come ho fatto per trent’anni, contro la legge 180 sui disturbi mentali e contro la situazione che questa legge ha creato per i pazienti e le loro famiglie».
Raffaello Papeschi, toscano, è stato in prima linea per tutta la vita, si è occupato dei malati psichiatrici quando le strutture che li ospitavano erano ancora chiamati manicomi. Come quello di Maggiano, vicino a Lucca, «dove avevo uno studio proprio accanto a quello di Mario Tobino. Ricordo ancora le guardie notturne: nel silenzio del reparto sentivo che lavorava, perché batteva sui tasti di una vecchia Lettera 22».
Papeschi ha 74 anni, è in pensione, vive a Lucca, e i suoi interessi sono rimasti all’interno di quel mondo da cui non intende staccarsi.
Dottor Papeschi, che cosa non le è mai piaciuto della legge Basaglia?
«La mia critica è questa: era sì necessario ridimensionare i posti letto negli ospedali psichiatrici, e soprattutto cambiare la mentalità dei medici e degli infermieri che usavano metodi repressivi e quindi avrebbero avuto bisogno di essere rieducati. Ma non porre quei divieti».
Quali?
«La 180 dice no alla possibilità di curare i malati in ambiente ospedaliero al di fuori della loro famiglia, anche in strutture tipo comunità terapeutica. Basaglia non le accettava, un altro divieto, perché le vedeva come uno strumento di controllo da parte della società».
Crede che bisognerebbe riaprire i manicomi?
«Non si tratta di rifare i manicomi. E poi alcuni erano davvero lager. Ci finivano tre gruppi di persone: i sofferenti di malattie organiche, come alcolismo e demenza senile, che avevano bisogno solo di assistenza medica; chi aveva problemi di disagio sociale, come barboni e tossicodipendenti, quindi per loro sarebbe stata sufficiente una casa-famiglia. E poi c’erano gli schizofrenici, i depressi gravi, gli psicopatici. Quest’ultimo gruppo ha diritto a stare nelle comunità terapeutiche, dove c’è sempre la presenza di uno psichiatra e di operatori. Perché quando c’è una crisi psicotica può succedere qualsiasi cosa. Sono strutture esistenti nei Paesi civili europei».
Per quanto tempo si dovrebbe rimanere nelle comunità terapeutiche?
«E’ difficile dirlo prima, perché lì è prevista un’attività riabilitativa e poi la terapia farmacologica. Però, certo, non per sempre. Per gli schizofrenici gravissimi, invece, dovrebbero sorgere luoghi di lungodegenza».
Quindi non resta che riformare la 180?
«Certo. Eppure finora dei circa 15 progetti di legge nessuno è mai andato in porto. E intanto la 180, che viene spacciata per una delle conquiste civili degli ultimi cinquant’anni, ha scaricato il peso dell’assistenza psichiatrica per la maggior parte sulle famiglie. E la sinistra italiana in trent’anni non si è ancora resa conto di questo. Dove non c’è assistenza pubblica, si passa a quella privata. E se la famiglia dove c’è un malato è ricca, si rivolge alle cliniche private, se è povera s’arrangia. Così oggi si è prodotta la sindrome della ‘porta girevole’: un ricovero e poi si va a casa, e dopo un mese si torna nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura».
Allora, che cosa si è rivelata questa legge?
«Un grande risparmio per le Regioni, che provvedono alla sanità».
di DONATELLA BARBETTA (Fonte: Il Giorno del 8/03/08)

Io, madre di un malato psichico lasciata sola a curarlo

Sono la madre di un malato psichico. Mi sono chiesta spesso il perché la malattia mentale sia ancora considerata un tabù, orribile e spaventoso da emarginare nel buio di torture e sofferenze nascoste tra le mura di molte case. Basti pensare che nessuno usa come insulto l' epiteto "canceroso" o "leucemico", ma "pazzo" sì, e questo è significativo. Eppure il cervello si ammala come qualsiasi altro organo. La legge 180, nota come legge Basaglia, pur nel lodevole intento di eliminare i manicomi-ghetto ha commesso a mio parere un errore, riservando al malato mentale il diritto e la scelta di curarsi, dato che il primo segnale di malattia mentale grave è proprio il rifiuto della cura, poiché il malato psichico è quello che dice "non sono malato". Rispettare questa decisione, in nome di un capzioso senso di libertà, vuol dire rinserrarsi in un atteggiamento ipocrita. Le conseguenze sono terribili, il malato psichico o è abbandonato in balia di se stesso o è isolato all' interno della famiglia, alla quale è totalmente affidato il carico del problema senza avere né aiuto, né preparazione né strumenti per affrontarlo. A trent' anni dalla legge, sono pochissime le strutture di assistenza psichiatrica efficienti ed efficaci. L' unica alternativa è l' assistenza privata per chi può permettersela. Nessuno vuole invocare la riapertura dei manicomi, sarebbe mostruoso, ma poiché rifiuta le cure, sono costretta a vederlo distruggersi, sempre più isolato, lottando da sola, lacerata e logorata.
Marianna Sassetti, Roma